2014 / Domenica 18 Maggio

Domenica 18 maggio

V Domenica di Pasqua - Anno A

L'evangelista Giovanni raccoglie le parole pronunciate da Gesù nel corso dell'ultima cena, subito dopo l'uscita di Giuda («Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte»). Egli inizia con un annuncio particolarmente affettuoso  della sua «partenza», teologicamente interpretata come momento culmine della «gloria». Qui c'è il vertice del messaggio cristiano: la morte di Gesù è la lezione culmine («come io vi ho amato, così amatevi anche voi»).
Due grossi temi dunque: la «gloria» di Dio e l'amore vicendevole fra i discepoli. Il problema dei problemi di tutte le comunità cristiane di tutti i tempi non è mai stato l'amore agli ultimi, ai lontani, ma l'amore vicendevole, con chi ti vive accanto!
Nel Vangelo di oggi il centro di tutto sta nell'affermazione di Gesù «Io sono la via, la verità e la vita». L'accento è sulla «via». Difatti la domanda di Tommaso riguardava la via («dove vai...»). È una costruzione per dire: IO SONO LA VIA, perché vi manifesto la VERITÀ per condurvi alla VITA.
Presentandosi come «strada», Gesù annuncia ai discepoli il loro cammino (negli Atti, i discepoli, prima di essere chiamati «cristiani» erano anche chiamati uomini e donne di quella «via»), insistendo sul mistero della croce, suo ritorno al Padre. Gesù non è soltanto «la via», ma è l'unica via per arrivare al Padre. Anche chi non verrà mai a conoscerlo per vari motivi, ma vivrà secondo la retta coscienza, arriverà al Padre solo attraverso Gesù!
Non solo ai tempi di Giovanni (fine I secolo), il desiderio ardente di raggiungere il Divino è sempre stato diffuso in tutto il mondo. L'annuncio cristiano non si affianca ad altre «vie», ma presenta con franchezza Gesù come l'unica possibilità di salvezza (cfr. anche Atti 4,12). Ed ecco la battuta di Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (v. 8). Forse Filippo vuol farsi voce dei greci, come in 12,21-22, desiderosi di «vedere»; comunque Giovanni presentandoci questa richiesta originale, desidera toccare una delle più profonde aspirazioni che tormentano il cuore umano. E qui c'è una delle più grandi affermazioni di tutto il Vangelo: Gesù è uno con il Padre! Non si rendono conto gli apostoli immaturi che, vedendo Gesù, hanno già visto il Padre. In questo viaggio al Padre Gesù non è solo: sono coinvolti anche i discepoli. Gesù va e torna, torna per prenderci con lui, perché un posto è preparato per ciascuno di noi! Notizia bomba! Come per Gesù, la morte del discepolo è ritorno al Padre. È l'ultima, grande, sensazionale, ultra-confidenziale richiesta di Gesù al Padre nella preghiera sacerdotale del cap. 17: «Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io».
(Da "Le luci del sabato" Domenico Machetta ©Elledici)


GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (16)

I Vangeli e gli Atti degli Apostoli

Il Nuovo Testamento inizia coi quattro Vangeli. Il termine «Vangelo» deriva dal greco e significa «lieto messaggio». Si intende in tal modo la buona no-tizia di Gesù Cristo, della sua venuta in questo mondo, del suo insegnamento e delle sue azioni, della sua morte e risurrezione e del compito da lui conferito ai suoi seguaci per i tempi futuri. I quattro Vangeli sono qualificati secondo i loro autori «Vangelo secondo Matteo / Marco / Luca / Giovanni». Il più antico dei quattro è quello di Marco, da cui proviene anche la denominazione di «Vangelo» per questi libri (leggi Marco 1,1).
Ciascuno dei Vangeli presenta la vita e l’opera di Gesù da una diversa angolatura. Marco pone al centro del suo racconto la passione e la morte di Gesù. Matteo rinvia continuamente al fatto che in Gesù si sano realizzate le promesse dei profeti dell’Antico Testamento. Luca si orienta sul modello della storiografia del suo tempo e cerca di raccontare gli eventi senza lacune e con ordine. Per lui Gesù non è solo l’adempimento della storia della salvezza presentata nell’Antico Testamento, ma il centro della storia del mondo. Per Giovanni, Gesù è la Parola di Dio fattasi uomo, che soddisfa ogni anelito o desiderio umano.
Comune a tutti gli evangelisti è la volontà di suscitare nei lettori la fede in Gesù Cristo. Da questo punto di vista, pur con tutte le differenze nei particolari, si tratta sempre dell’unico lieto messaggio, narrato in quattro modi diversi.
Luca aggiunge al suo Vangelo una seconda opera, gli Atti degli Apostoli, in cui mostra in che modo il messaggio di Gesù si è diffuso. Da Gerusalemme e dalla Giudea, passando per Samaria, Siria, Asia Minore e Grecia, esso giunge sino a Roma, il centro del mondo di allora. Questo cammino è suscitato e tenuto in moto dallo stesso Gesù risorto e dallo Spirito che Egli invia dal Padre ai suoi seguaci.
Leggendo un testo evangelico dovresti chiederti: in che modo è presentato Gesù? Cosa voleva dire Gesù a quelli che lo ascoltavano? Ha manifestato il suo messaggio anche mediante le sue azioni?

Le lettere degli Apostoli

Il Nuovo Testamento contiene 21 lettere, scritte a diverse comunità cristiane. Il gruppo più ampio e più importante è la raccolta delle lettere di Paolo. Nella Bibbia esse sono ordinate secondo la loro lunghezza. Aprono la serie le lettere ai Romani. ai Corinzi e ai Galati, scritti che con-tengono i temi principali della teologia di Paolo e sono perciò talvolta designati «lettere maggiori». Fanno parte delle sue lettere anche le due ai Tessalonicesi.
Una serie di lettere scritte dal carcere da Paolo o dai suoi collaboratori sono riunite sotto la denominazione di «lettere della prigionia»: sono le lettere agli Efesini, ai Filippesi e ai Colossesi, e la breve lettera a Filemone. Tre lettere sono infine indirizzate a stretti collaboratori di Paolo: due a Timoteo e una a Tito.
Alla raccolta delle lettere paoline fa seguito la lettera agli Ebrei, il cui autore sconosciuto interpreta l’evento della croce con immagini prese dall’Antico Testamento. Le altre sette lettere del Nuovo Testamento - la lettera di Giacomo, le due di Pietro, le tre di Giovanni e quella di Giuda - non sono tradizionalmente denominate secondo la comunità a cui si rivolgono ma in base al mittente, perché sono indirizzate a una cerchia più ampia di lettori o alla Chiesa nel suo insieme. Tali lettere sono perciò dette «cattoliche». Il nome si spiega partendo dal significato della parola greca katholikos, ossia «universale».
In origine le lettere erano lette e commentate nelle riunioni della comunità. Possiamo ben immaginare che esse abbiano suscitato lunghe discussioni. Leggendo oggi una lettera apostolica, chiediti: di che cosa si tratta in questa lettera? Quali problemi c’erano nella comunità? Cosa intendeva dire l’autore alla comunità? Nel caso delle lettere più brevi è raccomandabile leggerle tutte d’un fiato. Nel caso di quelle lunghe ci sarà bisogno di più tempo per capire cosa intendono dire ai loro lettori.

L’Apocalisse

Il libro dell’Apocalisse (parola che in greco significa «Rivelazione») di Giovanni è stato scritto durante il regno dell’imperatore Domiziano (81-96 d.C.), quando i cristiani, a causa del loro rifiuto di prestare il culto all’imperatore romano, furono costretti a subire una persecuzione. Il suo autore, di nome Giovanni, era stato esiliato dalle autorità romane sulla piccola isola di Patmos, davanti alla co-sta occidentale dell’Asia Minore. Per noi oggi lo stile letterario dell’Apocalisse è difficile da comprendere, perché somiglia a tratti a un codice segreto. Molte immagini e simboli da lui usati si riferiscono a parole dei profeti dell’Antico Testamento, soprattutto del libro di Daniele. L’Apocalisse è perciò ritenuta anche il libro profetico del Nuovo Testa-mento.
Nella prima parte (capitoli 2-3) Giovanni esorta, consola e istruisce sette comunità dell’Asia Minore. La parte principale del libro è invece occupata da una visione degli avvenimenti della fine dell’attuale ordinamento del mondo, che Dio fa vedere (rivela) a Giovanni. In tre cicli di visioni articolate in sette sigilli, sette trombe sette coppe si descrivono le catastrofi della storia come la lotta vittoriosa di Dio contro le forze del male. Non si tratta di una sorta di «tabella di marcia» per la fine del mondo, come alcuni pensano. Questo equivoco deriva anche dal fatto che noi oggi usiamo spesso la parola greca «apocalisse» (alla lettera: «rivelazione») come annuncio di enormi catastrofi. Giovanni invece vuole mostrare agli occhi dei cristiani perseguitati che le potenze di questo mondo svaniscono. Egli vuole far loro coraggio: l’annuncio che, alla fine di questa oppressione, Cristo risolleverà il suo regno dà a tutti i perseguitati consolazione e speranza.

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