2014 / Domenica 13 Aprile

Domenica 13 aprile

Domenica delle palme

Gesù ha creato nella gente una grandissima delusione (i discepoli di Emmaus diranno: «Noi speravamo...»). Ha disatteso tutti i sogni messianici. Il rifiuto assoluto di usare qualsiasi potere, sia fisico sia psicologico, per convincere, ha turbato le folle.
La predica più potente è stata la sua consegna nelle mani degli uomini.
I Giudei non vogliono arrestarlo nei giorni della festa di Pasqua, per paura del popolo, ma Giuda con la sua fretta fa precipitare gli eventi, e capitano proprio nella festa: l'Agnello è immolato proprio a Pasqua!
In sostanza è Dio che prende la regia.
Gesù è il Messia responsabile, lucido, che va alla croce perché il mondo si salvi: 26,53: «Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli?».
Il pentimento di Giuda è radicalmente diverso dal pentimento di Pietro: Giuda non si è lasciato «toccare» da Gesù.
«Ho tradito sangue innocente». Non sembra tanto preoccupato dell'innocente, ma di sé: è schiacciato dal suo fallimento; non riesce ad accettarsi «fallito». Si trova solo con il suo «io»: non riesce ad uscire!
Matteo ci dà, in comune con Marco, un'altra notizia, estremamente importante: «Pilato sapeva bene che glielo avevano consegnato per invidia» (27,18).
Infine, il nostro evangelista, sottolinea il senso escatologico della morte di Cristo: Dio passa nel mondo (terremoto).
Cristo scende agli inferi e libera i morti.
Il fatto delle apparizioni in città non significa che i morti siano già nella risurrezione finale, ma che non sono più prigionieri della morte.
La Passione secondo Matteo è l'esegesi del sostantivo «giustizia», la spiegazione del discorso della montagna.
Gesù è il giusto condannato. «Non avere a che fare con quel giusto», dice la moglie a Pilato.
Matteo scrive agli Ebrei e presenta Gesù, il Messia in cui si avverano le Scritture.
L'Innocente che si consegna, Dio che si umilia: è la natura dell'amore!
Alla razionalità umana è chiesta la resa incondizionata.
(Da "Le luci del sabato" Domenico Machetta ©Elledici)



IL MISTERO PASQUALE DEL CRISTO


LA DOMENICA DELLE PALME

Da questa domenica ha inizio la Settimana santa.
In questo giorno la Chiesa fa memoria dell’ingresso di Cristo in Gerusalemme per compiervi il suo Mistero pasquale.
Nella liturgia rivivono e si rivelano i due aspetti fondamentali della Pasqua:

. l’ingresso messianico in Gerusalemme

. la memoria della sua Passione.

Non si tratta di fare un pio ricordo, ma di rendere presente oggi l’avvenimento.
La liturgia dà rilievo alla processione in onore di Cristo Re, facendo attenzione a che non si favoriscano i fedeli a dare valore soltanto al ramo d’ulivo, trascurando il vero significato della celebrazione. La benedizione dei rami è essenzialmente finalizzata alla processione.

LA MESSA DEL CRISMA

La Messa crismale viene celebrata sotto la presidenza del Vescovo nella cattedrale la mattina del Giovedì santo.
Evidenzia il clima di festa del sacerdozio all’interno del popolo di Dio.
Nella stessa messa sono benedetti: il Crisma (l’olio profumato utilizzato nel Battesimo, nella Cresima e nell’Ordine), l’Olio dei catecumeni e l’Olio degli infermi.
“Il Triduo pasquale della Passione e Resurrezione del Signore ha inizio dalla Messa nella cena del Signore, ha il suo fulcro nella Veglia pasquale e termina con i Vespri della Domenica di Resurrezione.”
Questo triduo è la realtà stessa della Pasqua del Signore celebrata in tre giorni: il venerdì celebra la morte, il sabato la sepoltura, la domenica la resurrezione.
Ogni giorno del triduo richiama l’altro e si apre sull’altro. Il centro di gravitazione dei tre giorni è la Veglia pasquale con la celebrazione eucaristica.

GIOVEDÌ SANTO

LA MESSA “Nella Cena del Signore”
Nella Messa “Nella Cena del Signore” la Liturgia ricorda l’istituzione dell’Eucaristia,
celebrando il memoriale dell’ultima cena.
Questa messa ha un carattere festivo, unitario e comunitario.
Il Vangelo parla della figura di Cristo che, pur essendo Signore e maestro, si fa servo, lavando i piedi agli apostoli. In questo contesto va visto il rito della “lavanda dei piedi”.
Il rito deve aiutare a comprendere meglio il grande e fondamentale precetto cristiano della carità fraterna.

L’ADORAZIONE DELL’EUCARISTIA

Al termine delle celebrazione della Messa, le ostie vengono portare in processione ad un luogo debitamente preparato, perché siano esposte in un tabernacolo, adorate e conservate per la comunione del Venerdì santo.
La Chiesa con il segno dell’adorazione vuole sottolineare anche la presenza permanente di Cristo sotto le specie eucaristiche.
L’adorazione deve terminare entro mezzanotte; a quest’ora subentra il ricordo del tradimento, della cattura, della passione e morte di Gesù.

OGNI COMUNITÀ È GIUDICATA DALLA EUCARISTIA CHE CELEBRA

Il gesto dell’ultima cena compendia e interpreta tutta la vita e la missione di Gesù. La celebrazione della Cena del Signore è l’incontro più forte della comunità credente con il Risorto e con i fratelli.
Perché una comunità cristiana possa celebrare degnamente il mistero eucaristico, è necessario che i fedeli si sforzino di formare tra loro, durante tutta la settimana, una vera comunità, una vera famiglia, i cui membri si considerino come veri fratelli.
La celebrazione dell’Eucaristia è il luogo e il criterio per verificare la vita della comunità, in altri termini è il momento per verificare se sappiamo “far Chiesa”.
Si tratta allora di celebrare l’Eucaristia come “annuncio della morte del Signore sino alla sua venuta” da parte di una comunità che esprime con la vita, e non a parole soltanto, il senso salvifico e liberatore della morte del Signore.

LA PASQUA CELEBRATA IN TRE GIORNI

VENERDÌ SANTO

Il venerdì santo non è considerato dalla Liturgia un giorno di lutto e di pianto, ma un giorno di amorosa contemplazione del sacrificio di Gesù.
L’elemento fondamentale e universale della Liturgia di questo giorno è la proclamazione della Parola: possibilmente celebrata alle tre pomeridiane, ora della morte di Gesù, in cui viene letta la Passione secondo Giovanni.
Dopo le letture e l’omelia la Liturgia della Parola si conclude con la solenne preghiera dei fedeli. Con questa solenne preghiera tutta la famiglia di Dio e tutta l’umanità è come portata ai piedi della Croce sulla quale Cristo muore per tutti.
A questo punto del rito abbiamo la presentazione e adorazione della Croce in cui la Chiesa innalza il segno della vittoria del Signore.
Si termina con la Comunione; non si celebra l’Eucaristia quindi l’altare è interamente spoglio senza croce, senza candelieri e senza tovaglie.
Il venerdì santo è giorno di digiuno, da protrarsi possibilmente anche al sabato santo, come segno esteriore di partecipazione interiore al Sacrificio di Cristo.

SABATO SANTO

In questo giorno la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, astenendosi dal celebrare la Messa.
Ogni fedele è chiamato alla contemplazione, nutrendo il cuore di quegli affetti suggeriti dalla Liturgia delle Ore: la tranquillità nella pace di Dio, il riposo nella speranza, la fiducia piena nella Parola di Dio, certezza del compimento delle promesse divine e abbandono al giudizio di Dio.
Il Sabato santo diventa forte richiamo ai credenti a “ritirarsi nel deserto” per rimanere soli davanti a Dio solo in una preghiera silenziosa di puro ascolto.

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