2014 / Domenica 9 Marzo

Domenica 9 marzo
La pratica del digiuno

La pratica del digiuno

Il digiuno è una pratica comune a molte religioni e culture. Famoso quello di Gandhi quando lo praticava durante le sue lotte politiche. O quello praticato a Mumbai, la città dove è nato il protagonista del film vincitore a Los Angels “The Millionaire”: i vicini di casa dei due attori bambini, Rubina Ali e Azharuddin Isamail, avevano iniziato giorni prima un digiuno propiziatorio per favorire la vittoria agli Oscar.
I Padri della Chiesa e i grandi maestri dello spirito lo hanno sempre tenuto in grande considerazione e hanno invitato a praticarlo, specialmente nel tempo di Quaresima.
Si digiuna per tanti motivi, soprattutto per riacquistare consapevolezza del proprio corpo, per riequilibrarlo e rimetterlo in sintonia con spirito e mente. Dopo che il corpo è stato «ripulito» da un digiuno, ci si sente più in contatto con se stessi e più forti nella volontà e capacità di affermare le proprie convinzioni.
Il digiuno diventa un'esperienza di ordine più spirituale che fisico, ha un effetto benefico sulla mente, ispira un senso di disciplina interiore e di controllo della situazione che si sta vivendo.
Insegna a non lasciarsi condurre da coercizioni esterne e impulsi ciechi, ma a gestire il proprio corpo con consapevolezza favorendo la concentrazione e la riflessione.
Quando si digiuna, si ha la sensazione di essere, più che di avere. Si avverte di contribuire al proprio sviluppo personale e di aver avviato un processo autoeducativo. Non è quindi solo una misura terapeutica per la cura del proprio corpo.
“Il digiuno acquista per il cristiano un significato profondamente religioso: - scrive il Papa nel suo messaggio per la Quaresima 2011 – rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore”.
I cristiani collegano gli effetti puramente naturali del digiuno all'opera di Cristo.
Il digiuno intende prepararci alla vita nuova di Cristo. Lavora il campo del nostro corpo per la semina di Dio. La Quaresima vuole rendere il nostro corpo, la nostra anima, la terra intera ricettivi alla vita divina che irromperà a Pasqua.



GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (8)

I PROFETI
Secondo la Bibbia ebraica i profeti sono così divisi:
    1. anteriori: Giosuè, Giudici, 1 e 2Samuele 1 e 2Re.
    2.    profeti posteriori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele (detti mag-giori perché i loro libri sono più ampi dei profeti chiamati minori); Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. I libri profetici sono posti dopo la Torah perché interpretano la Torah (cfr Ml 3,22-24 e Dt 34).

GLI SCRITTI
Questo titolo comprende i rimanenti libri della Bibbia ebraica. Si chiamano scritti perché comprendono una raccolta di testi religiosi a sfondo didattico e sapienziale. L’autore sacro si interroga sul perché della vita, del dolore del giusto: il libro di Giobbe risponde a queste domande. 
I libri dei Proverbi e di Qoèlet, contengono insegnamenti per vivere rettamente; il Cantico dei Cantici esalta l’amore nuziale che simboleggia l’affetto di Dio per il suo popolo; i libri di Ester e di Rut, presentano storie familiari attraverso le quali Dio salva il suo popolo (Ester) e offre la salvezza a tutti i popoli (Rut); il libro dei Salmi raccoglie le preghiere di Israele; il libro di Daniele, aiuta il popolo a non perdere le speranze durante il tentativo di ellenizzazione della Palestina; Esdra e Neemia parlano della ricostruzione del popolo ritornato in Patria dopo l’esilio babilonese; 1-2 Cronache, sul modello dei libri dei Re, narrano la storia di Israele per ridare al popolo ritornato in patria il significato delle loro origini religiose.    
 
I libri della Legge
I cinque libri del Pentateuco descrivono la storia di Israele dalle origini al momento in cui il popolo è in procinto di prendere possesso della terra promessa da Dio. Qui hanno un ampio spazio le leggi che regolano l’intera vita del popolo (maggiori ragguagli in proposito nel capitolo «I dieci comandamenti e la legge» a p. 65). Questi libri sono perciò designati come libri della Legge. Sotto il profilo del contenuto costituiscono un’unità e, solo per motivi pratici, furono suddivisi in cinque parti a quel tempo non esistevano infatti libri con le pagine che potevano essere sfogliate. Si scriveva su pelli di animali, cucite insieme in lunghe strisce e poi arrotolate. Essendo le dimensioni di simili rotoli alquanto limitate, il voluminoso materiale storico e legislativo dovette essere ripartito in cinque rotoli.
Questi libri sono perciò detti in greco «Pentateuco», che significa «libro dei cinque rotoli». In ebraico essi portano il nome di Toràh, ossia «legge divina» o «istruzione divina», Per l’ebraismo essi sono il cuore della Sacra Scrittura. Per i cristiani sono consueti i nomi che essi hanno nell’edizione latina della Bibbia, chiamata la Volgata. Tali nomi esprimono nello stesso tempo anche qualcosa del loro contenuto. Alcuni cristiani protestanti li chiamano «Libri di Mosè» (primo, secondo, ecc.).
Il primo libro si chiama Genesi (dal greco: nascita, origine). Si tratta di un doppio inizio: quello di tutto il mondo (maggiori informazioni nel capitolo sulla creazione) e quello del popolo d’Israele. Vi si narra la storia dei capostipiti Abramo, Isacco e Giacobbe.
Il secondo libro descrive la movimentata storia dei discendenti di Giacobbe in Egitto, che ha inizio con la storia di Mosè. Egli è scelto da Dio come guida degli Israeliti per condurli fuori dell’Egitto. Il libro porta perciò il nome di Esodo (= uscita).
Il terzo libro tratta prevalente-mente delle disposizioni relative al culto, e soprattutto dei sacrifici. Si chiama perciò Levitico, perché l’osservanza di queste prescrizioni era un compito dei leviti, i sacerdoti, che facevano parte della Tribù di Levi. Nel Levitico si incontrano però anche alcune regole di comportamento per tutta la comunità umana, che si possono riassumere nelle due frasi: «Siate santi perché io sono santo, io, il Signore vostro Dio» e «Ama il prossimo tuo come te stesso!» (Levitico 19, 2. 18).
Seguendo la sua denominazione nella Bibbia latina, il quarto libro è quello dei Numeri, perché vi si parla per due volte di un censimento degli Israeliti: il primo precede la partenza dal monte Sinai (cap. 1-4), il secondo si compie prima di entrare nella terra di Canaan (cap. 26).
Il quinto libro è chiamato Deuteronomio. Il termine significa «seconda legge», e rimanda al fatto che queste libro attribuisce a Mosè una sorta di seconda legislazione che avrebbe promulgato prima dell’ingresso nella terra promessa. Molte leggi corrispondono a quelle degli altri libri. Nuova è tuttavia la prescrizione di offrire il sacrificio a Dio solo in un luogo sulla terra: nel Tempio di Gerusalemme (la trovi in Deuteronomio 12).

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