2014 / Domenica 11 Maggio

Domenica 11 maggio

IV Domenica di Pasqua - Anno A

È la domenica del «buon pastore». Nei racconti di Giovanni c'è sempre una festa che fa da sfondo. Questa volta è la festa della Dedicazione del Tempio, in cui si ricorda anche la ricostituzione di Israele come popolo libero e autonomo sotto i nuovi pastori, i Maccabei. Si leggevano testi biblici sui «pastori» d'Israele. È quindi comprensibile l'autopresentazione di Gesù come buon «pastore» e le dure parole contro i pastori che avevano disperso le pecore d'Israele. Si parla qui di un ovile, circondato da un muretto e di una «porta». Durante la notte vengono custodite qui le pecore, appartenenti a diversi pastori. La custodia delle pecore è affidata a un «guardiano» notturno, chiamato «portiere», che aprirà dall'interno la porta al mattino.
Il pastore arriva all'alba, si fa riconoscere dal custode, che gli apre la porta; le «sue» pecore sentono subito la voce,... si affrettano verso di lui, che le chiama per nome, ad una ad una... Il pastore le spinge fuori (v. 4) e incomincia la marcia verso i luoghi di pascolo. Lui conosce la strada, e quindi si mette in testa, seguito dalle sue pecore, sempre guidate dalla sua voce.
Il capitolo 10, del buon pastore, si apre subito, d'improvviso, con una scena losca, che avviene non al mattino, ma di notte: un ladro, un brigante, che non passa dalla porta, ben custodita, ma dal muretto. Le pecore non lo seguono , perché non conoscono la sua voce. L'intento polemico è chiarissimo. Gli ascoltatori ostili, i capi del popolo, «non capirono di che cosa parlava loro». È un «non capire» nell'intimo del cuore, un non accettare Gesù! Gesù, buon pastore, si presenta come «porta», sempre con il solenne «Io Sono». Si susseguono le tipiche contrapposizioni:
    •    pastore-ladro
    •    porta-muretto
    •    buon pastore-mercenario (pastore stipendiato)
Gesù si presenta come la via, l'unica, in contrapposizione a tutti coloro che sono venuti prima di lui (v. 8!). Gesù è la porta da attraversare! Viene in mente il salmo 117/118: «per essa entrano i giusti». Gesù promette la vita in abbondanza (v. 10), la vita eterna. Forse questa immagine della porta avrà fatto strada nell'intimo dei semplici, che conoscevano l'usanza di certi pastori affezionati al loro gregge, che di notte dormivano addirittura sdraiati alla porta dell'ovile, per difendere le pecore dai lupi del deserto...
I «semplici» conoscono la voce di Gesù buon pastore.
«Conoscere» è la parola dominante di questo grande capitolo, uno dei termini più amati da Giovanni, che indica rapporto intimo d'amore!
(Da "Le luci del sabato" Domenico Machetta ©Elledici)



GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (15)

COME È GIUNTA A NOI LA BIBBIA

Di nessuna opera letteraria del mondo antico possediamo il testo originale. Questo vale anche per la Bibbia della quale possediamo le trascrizioni che vengono chiamate «Testimoni». I testi originali della Bibbia sono stati scritto su papiro e dopo su pergamene (cfr. Ger 36; 2Tm 4,13). Anche l’uso di scrivere sulle pietre è documentato in Es 31,18; Gs 8,23. Poiché il papiro e anche la pergamena non avevano lunga durata e soprattutto erano scritti a mano i testi originali sono andati perduti. I più importanti testi antichi che possediamo (testimoni diretti) arrivano al X secolo; come testo base hanno il manoscritto di Leningrado (1008-1009 d.C.). Nel 1896 in una «genizah» (ripostiglio) del Cairo furono scoperti numerosi frammenti di codici dell’Antico Testamento che sono del VII-VI sec. d.C.
Un caso fortunato coincide con la scoperta dei manoscritti biblici nelle grotte di Qumran, nel deserto di Giuda. Risalgono dal II al I sec. a.C. Sono a nostra disposizione molte antiche traduzioni ad es. la versione greca dei LXX (11 sec. a.C.), che è la prima traduzione dell’AT dall’ebraico in greco. I testimoni più vicini all’originale per il Nuovo Testamento sono: Lezionari, papiri, codici.

LA FORMAZIONE DEL CANONE

La parola canone significa regola. Nel linguaggio biblico indica la regola della fede, come ci è trasmessa dai libri della Bibbia. Quando furono definiti i libri ispirati la parola canone cominciò a indicare l’elenco dei libri che la Chiesa considera rivelati da Dio, perciò normativi per la nostra fede.



I deuterocanonici per l’Antico Testamento sono:
Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc.
A questi libri si aggiungono alcune parti del libro di Ester e di quello di Daniele.
I libri deuterocanonici per il Nuovo Testamento sono:
Ebrei, Giacomo, Giuda, 2 Pietro, 2 e 3 Giovanni, Apocalisse.


La storia del riconoscimento dei libri canonici va dagli inizi dell’era cristiana fino al Concilio di Trento (1578), quando si definirono canonici 46 libri dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo. Sono dotti protocanonici i libri riconosciuti ispirati da sempre. Sono, invece, detti deuterocanonici quei libri che agli inizi del Cristianesimo non sempre e dovunque furono riconosciuti ispirati, ma solo gradualmente furono riconosciuti come tali.


LA BIBBIA È PAROLA DI DIO

L’Antico Testamento afferma di contenere la parola di Dio scritta. Questa Parola non può essere distrutta (Ger 36) e si deve mangiare (Ez 2,3-3,11).
I credenti dell’Antico Testamento sanno di possedere una Parola che viene proclamata, scritta e letta. Attraverso la lettura della Legge, Israele verifica la sua fede, l’approfondisce, l’attualizza nel presente. Nel Giudaismo (cfr. Neemia 8,1-15; 9,33-36) Israele si raduna attorno alla Parola scritta e proclamata. I profeti dicono con certezza: «Così parla il Signore», oppure: «Mi venne la parola del Signore».
Nei libri sapienziali la riflessione sulla vita è in stretto rapporto con il Dio della storia e della salvezza. La sapienza da arte del buon vivere si identifica alla Torah (Sir 24,22; Bar 4,1), alla parola dei profeti (Sap 9,17) alla parola di Dio.
Il Nuovo Testamento, con l’espressione: «Così è scritto»; «È stato scritto» afferma che le Scritture antiche sono parola di Dio. Gli scritti del Nuovo Testamento non solo non annullano quelli dell’Antico Testamento, ma le completano, partecipando della stessa autorità.
Nei Vangeli Gesù dice: «È stato detto, ma io vi dico». Tra la parola di Dio e Gesù vi è identità. Gesù stesso rivolgendosi alla gente che lo segue dice:
«La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha mandato» (Gv 7,16).
In un’altra occasione Pietro dirà: «Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio!» (Gv 6,67).
Gli scritti degli apostoli testimoniano la convinzione che anche la predicazione apostolica è parola di Dio. Questa Parola, grazie, alla loro predicazione cresce e si diffonde.


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