2014 / Domenica 6 Aprile 2014

Domenica 6 aprile 2014

La risurrezione di Lazzaro

Un altro capolavoro di Giovanni: il capitolo 11.
Betania, tre kilometri ad est di Gerusalemme. Gesù si trova oltre il Giordano, nella zona dove Giovanni battezzava. Gli mandano a dire: «Signore, colui che tu ami è malato». Il tema è la vita. Naturalmente parliamo di «vita eterna». Alla sinagoga di Cafarnao Gesù si era presentato come «pane di vita eterna» (Gv 6). La più bella definizione di «vita eterna» la dà Gesù stesso nella preghiera sacerdotale del cap. 17: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, o Padre, e colui che hai mandato». Vita eterna dunque è «conoscenza». E «conoscenza» - lo sappiamo - indica rapporto intimo, nuziale. Indugiamo sulla scena dell'arrivo di Gesù a Betania, ricca di particolari importanti.
Grande battuta di Marta (che «si riscatta» dalla magra figura che fa in Luca 10): «Signore, se tu fossi stato qui... Ma anche ora so...». Il centro di tutto è «Io sono la risurrezione e la vita». «Credi tu?». La risposta di Marta è la risposta della Chiesa: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Figlio di Dio...». Fondamentale in Giovanni è il tema della fede in Gesù figlio di Dio. Dopo queste parole va a chiamare Maria, dicendole «di nascosto» (láthra, silentio) «Il Maestro è qui e ti chiama» (Magister adest et vocat te). Maria si alzò in fretta. Gesù quando la vide piangere e piangere anche quelli che erano con lei, si commosse profondamente e si turbò, si sdegnò. Gesù si «sdegna» per il dolore, come per dire: non era questo il progetto del padre mio. La morte e il dolore non sono stati introdotti nel mondo da Dio! E poi il pianto di Gesù.
Con il commento: «Vedi come lo amava». V. 38: «Gesù, ancora di nuovo commosso...». È il Vangelo della commozione di Gesù!
Infine il «segno»: «perché credano». Lo scopo è sempre la fede. Tutto il Vangelo di Giovanni è teso a portare il lettore a cadere in ginocchio e dire: «Mio Signore e mio Dio!». La vita è credere. La morte è non credere. Staccati da Gesù siamo morti ambulanti. Gesù è «Risurrezione e Vita».
La rianimazione del cadavere di Lazzaro (è improprio parlare di «risurrezione di Lazzaro», perché Lazzaro tornerà a morire) è in funzione della fede in Cristo, nostra Vita e Risurrezione.
Gesù chiama ciascuno di noi, per nome, liberandoci dal sepolcro: «Lazzaro, vieni fuori!».
(Da "Le luci del sabato" Domenico Machetta ©Elledici)



GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (12)

GESÙ MAESTRO DIVERSO DA TUTTI I MAESTRI

Al tempo di Gesù c’è un clima di fervente attesa di un Messia che dovrebbe liberare gli ebrei dal dominio romano e come nuovo Davide dovrebbe ricostruire il regno d’Israele. Gesù, presentandosi alla Sinagoga di Nazareth, non risponde a nessuna di queste attese umane e trionfaliste. Il suo insegnamento è «buona notizia»; scaturisce dall’annunzio che viene il regno di Dio. Applica a sé le parole del profeta Isaia:

«Lo Spirito del Signore è su di me perché mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri…» (Is 61,1-3; Lc 4,1-16)

In Gesù, Dio viene per regnare aprendo per tutti un cammino verso la pienezza della vita e della pace. Come Dio nell’Antico Testa-mento si prendeva cura del suo popolo, Gesù si prende cura delle pecore perdute della casa d’Israele (Mt 15,24). In questo ovile attira tutti: poveri, ricchi, sani, malati, bambini e donne. A proposito delle donne Gesù si comporta con una libertà e un coraggio inaudite. Avvicina le donne pagane (Mc 7,24-30), le eretiche (Gv 4,27), le peccatrici (Gv 8,3-11), le vedove (Mc 12,4 1-44). Accoglie le donne alla sua sequela (Mc 15,40-41; Lc 8,1-3), le tratta con amicizia (Gv 11; Lc 10,38-42), le guarisce (Mc 5,34) le rende testimoni della sua risurrezione (Gv 20,18) e portatrici di salvezza.
Predica che il Regno che tutti attendono non comporta rivolgimenti storici e politici. Richiede invece di credere all’amore di Dio Padre manifestato nella sua persona. A questo Regno si accede, anzitutto, con una condizione: convertendosi dal peccato, radice di tutti i mali. Questa richiesta è scomoda. Si trasforma in odio verso Ge-sù, che dice: «Beato chi non si scandalizza di me!» (Mt 11,6). Contrariamente a tutti i maestri del tempo si sceglie i discepoli, invita a seguirlo e a vivere in comunione con lui. La sua predicazione e il suo atteggiamento, poiché non rispondono ad attese di prestigio u-mano, provocano diffidenza, rifiuto, ostilità. Nessuno, tuttavia, rimane indifferente: o per lui o contro di lui!
Gesù si presenta diverso dai maestri ebrei (rabbi) e si distingue dai grandi maestri religiosi, perché identifica se stesso e il proprio agire con la presenza di Dio e si pone non sulla linea del prestigio ma del servizio; rivendica un’autorità incondizionata superiore a quella dei profeti, si considera decisivo per la salvezza, esige dedizione incondizionata. «Chi ama la vita la perde e chi la perde per causa mia la ritrova» (cfr. Mt 10,39; Lc 9,24).
Soprattutto chiama Dio «Abbà» che significa «papà». Questa familiarità con Dio a quel tempo era audace e assurda. Molti esclamavano:
«Mai un uomo ha parlato come quest’uomo!» (Gv 7,46).
Invece di farsi servire, Gesù si mette a servizio. Il gesto più eloquente di questo servizio lo ha dimostrato nel dare la vita, accettando la condanna di morte in croce, senza opporre odio e vendetta. La fine di Gesù, apparentemente, è stata quella di un fallito. Gli stessi discepoli scandalizzati lo tradiscono e fuggono.
La luce della risurrezione sconvolge il cuore dei discepoli i quali si rendono conto che la morte di Gesù non è quella di un condannato, ma rientra nel piano di salvezza di Dio Padre. Gesù aveva predetto la sua fine e aveva anche annunciato la sua risurrezione. Illuminati e incoraggiati dalla forza dello Spirito Santo, con coraggio proclamano la loro fede, fino a rischiare la loro vita:

«Sappia, dunque, con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!» (At 2,36)
«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito» (At 4,20)

La fede annunciata e professata dagli apostoli ripropone a forma di CREDO, la narrazione della vicenda di Gesù concentrata nel suo mistero pasquale di morte e risurrezione, che costituisce il cuore e il fondamento della fede cristiana. Molti sentendo l’annuncio degli apostoli domandano di essere battezzati. Così nascono le prime comunità cristiane, a Gerusalemme, formata da giudeo-convertiti; e ad Antiochia, in prevalenza formata da pagani che si convertono. Ad Antiochia i seguaci di Gesù vengono chiamati cristiani (cfr. At 11,26).

«Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti».
(At 10,3 7-41).

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