2014 / Domenica 30 Marzo 2014

domenica 30 marzo 2014

La guarigione del cieco

1. «Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?».
Risente questa domanda della mentalità pagana del popolo: i valori sono la salute e il benessere. Chi li ha è benedetto da Dio, chi non li ha è un peccatore. Mentalità che già nell'AT veniva contestata: «L'uomo nella prosperità non comprende». Salmi, Giobbe, Qoèlet... erano già una reazione a questa stortura mentale. Del resto la fatica educativa di Dio, attraverso i profeti, era stata proprio su questo versante. Dio educa, «tira fuori» il popolo dal paganesimo: da uomini di «cose» a uomini di «rapporto», dall'avere all'essere. È la fatica dell'Esodo. Quando il popolo si accorge che la Terra Promessa non è tanto un luogo geografico, ma una situazione interiore, un rapporto nuziale con Dio (Es 19), che genera rapporti nuovi con i fratelli, allora va in crisi. Il sistema educativo di Dio ha sempre turbato il popolo. Che cosa risponde Gesù? È così perché si manifestino in lui le opere di Dio. C'è un progetto di Dio. La sofferenza rimane segno della frattura, del peccato, non è voluta da Dio, ma nel piano della salvezza diventa occasione di manifestazione delle opere di Dio. Assunta dal Verbo, la sofferenza non è più un assurdo, ma acquista valore salvifico.
2.    «Va' a lavarti alla piscina di Siloe». Le acque di Siloe, nella Bibbia, sono le acque di Dio, le acque di Gerusalemme (vedi Is 8,6) che scorrono in silenzio... Perché? Non poteva guarirlo senza passare da Siloe? Perché Naaman il Siro deve buttarsi sette volte nel Giordano? (2 Re 5). Perché Paolo deve essere guidato da Anania, perché deve passare attraverso la comunità di Damasco?
Perché devo passare attraverso la Chiesa? Questo è fondamentale: Dio lo si incontra sempre «sacramentalmente».
3.    «Ma i Giudei non vollero credere di lui che fosse stato cieco...». Chiudersi davanti all'evidenza e accusare Gesù perché viola il sabato (in realtà sono loro che vanno contro il sabato!) è peccare contro la luce, è rifiutare l'amore. Gesù parlerà di un peccato imperdonabile, il peccato contro lo Spirito Santo: imperdonabile, perché è il rifiuto lucido del perdono, della misericordia. Nel dialogo gustoso tra il cieco nato e i capi del popolo viene fuori con particolare calore l'umorismo di Giovanni.
4.    «Io credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. È il culmine di tutto. Per credere bisogna umiliarsi. Ciò che impedisce la fede è l'orgoglio: «Come potete credere voi che prendete gloria gli uni dagli altri?» (Gv 5,44).
Da “Le luci del sabato”, di Domenico Macchetta, @Elledici


GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (11)

LA PALESTINA AL TEMPO DI GESÙ


GRUPPI SOCIALI E RELIGIOSI

Le condizioni sociali degli ebrei al tempo di Gesù sono modeste ciò non dipende dalla povertà della terra ma dalle condizioni sociali ingiuste. La Palestina sarebbe davvero il «paese dove scorre latte e miele» se non vi fossero disuguaglianze sociali che dividono gli abitanti in questi gruppi:
latifondisti: proprietari terrieri, i capi degli esattori delle imposte, l’aristocrazia sacerdotale e i commercianti;
ceto medio: contadini e artigiani che vivono nel pericolo di passare nel ceto povero se non fanno attenzione a non perdere il lavoro. Gesù sembra appartenere alla categoria degli artigiani che lavorano per vivere;
i poveri: sacerdoti dei paesi, indigenti, lavoratori a giornata, vedove, malati.
    Solo la classe sacerdotale elevata, che esercita il culto a Gerusalemme, e i grandi possidenti della Galilea godono di benessere. La maggioranza della popolazione è povera e la famiglia vive in una piccola casa. Il padre deve mantenere i figli e insegnare la legge. In questa situazione politico-sociale emergono differenti gruppi.

Il clero
È una categoria religioso-sociale molto composita: tra l’autorità massima, che è il Sommo Sacerdote, e i sacerdoti dei paesi, vi sono molte posizioni intermedie. Il Sommo Sacerdote è responsabile della Legge e del Tempio, è capo indiscusso del popolo. Una volta l’anno entra nel «santo dei santi», che è la parte più interna del Tempio. Pre-siede anche il «Sinedrio» e può emettere sentenze (cfr. Gv 18,12; Lc 1,8-25).
I sacerdoti delle campagne sono numerosissimi e poveri. Sono suddivisi in ventiquattro classi. Esercitano la loro funzione nel Tempio a turno, una settimana l’anno e durante le feste del pellegrinaggio.
Vi è poi un gran numero di leviti che esercitano i vari servizi che il Tempio richiede: preparare l’altare, bruciare l’incenso.

Gli anziani
Spesso i Vangeli fanno riferimento agli anziani. Sembrano essere un gruppo aristocratico abbastanza vicino ai Sadducei: come questi si preoccupano di avere potere e non esitano a stringere alleanze con gli occupanti romani pur di accrescere il loro potere.

Gli scribi

Sono gli specialisti della Legge. Compiono studi lunghissimi per comprendere la Legge e insegnarla. Applicano la Bibbia e la tradizione orale alla vita pratica. Poiché sono gli interpreti ufficiali della Legge hanno molto prestigio tra il popolo. Il loro parere è determinante davanti ai tribunali. Fanno parte degli scribi sia i sacerdoti sia anche i farisei. Gesù nei Vangeli spesso discute con gli scribi mettendo in difficoltà il loro insegnamento. Il vangelo di Marco testimonia:
«Insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi» (1,22; cfr. Mt 23, 1-32).

I Sadducei
Sono sacerdoti che in genere collaborano con la casa regnante. La loro posizione li porta al conservatorismo. Si attengono alla Legge e respingono la tradizione orale. Per i sadducei Scrittura sacra è ciò che «era scritto». Non credono né agli angeli né ai demoni e neanche condividono l’attesa della risurrezione dei morti (Mc 12). Sono scrupolosi osservanti del sabato come anche i farisei. Rispettano una casistica minuziosa. Politicamente sono scaltri e raffinati.

I Farisei
Sono l’unico gruppo che sopravviverà alla distruzione dei romani. Il nome farisei deriva dall’ebraico e significa «separati», lontani da ogni elemento che possa renderli impuri. Hanno origine nel periodo dei Maccabei, quando la fede giudaica fu difesa da elementi ellenistici. Al contrario dei sadducei non hanno mire politiche. Sono pieni di zelo nell’osservare la legge di Dio.
Delle comunità farisaiche fanno parte sacerdoti singoli, ma soprattutto comunità di laici: contadini, commercianti, ecc. Sono osservanti di ciò che era scritto, ma fanno ancora di più: digiunano lunedì e giovedì (cfr. la preghiera del fariseo: Lc 18,9-14). Esercitano una notevole influenza perché sono un partito popolare.

Gli Zeloti
In greco significa zelanti. Concordano con i farisei per le questioni dottrinali, ma sottolineano decisamente la libertà. «Abbiamo Dio come Signore e non dobbiamo essere schiavi di nessuno», sostengono. Questo senso della libertà li porta alla ribellione contro tutti gli occupanti. Il loro fondatore è Giuda il galileo. Tra i discepoli di Gesù c’è Simone lo zelota.

I Pubblicani
Sono ebrei che raccolgono le imposte a favore dei romani. Spesso per avere una parte di guadagno personale chiedono più di quanto è stabilito. Per questo gli ebrei li considerano peccatori pubblici. Essi erano assimilati ai peccatori e alle prostitute (Mt 9,10; 21,31-32; Mc 2,15; Lc 15,1). Tra i pubblicani i vangeli ricordano Matteo (9,9), discepolo, apostolo ed evangelista (Mt 10,2-6).

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