2014 / Domenica 2 Febbraio 2014

Domenica 2 febbraio 2014

Presentazione di Gesù al Tempio

La presentazione di Gesù bambino al tempio potrebbe sembrare un piccolo episodio della famiglia di Nazaret, che, come tutte le famiglie pie del tempo, osserva le prescrizioni della Legge che chiedeva la purificazione della madre e il riscatto del primogenito. La Chiesa, invece, lo legge come un avvenimento grandioso: il Messia, il promesso, che finalmente incontra il suo popolo che lo ha atteso da sempre.
Questo incontro tra il Messia e il suo popolo non poteva che realizzarsi nel tempio, il luogo dove Dio ascoltava le invocazioni accorate affinché il promesso, il liberatore, non tardasse.
Il Signore Dio, più volte e in molti modi, si era impegnato: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene”.
Il Signore Dio mantiene la promessa e, in Gesù, va nel tempio a incontrare il suo popolo.
Chi trova ad aspettarlo? Due “poveri”, due umili, come i pastori.
I sacerdoti, le autorità, i capi del popolo sono lì, magari a invocare che il Messia affretti la sua venuta, perché il giogo dei Romani si fa sempre più pesante, ma non lo riconoscono. Hanno gli occhi pieni delle loro vedute, e i cervelli ingolfati dai loro schemi. Non sospettano nemmeno che il Signore degli eserciti arrivi sulle braccia di due poveri, in grado di offrire soltanto una coppia di tortore, o due giovani colombi.
Simeone e Anna, al contrario, lo riconoscono.
Sono poveri come i pastori di Betlemme, ma hanno gli occhi e il cuore dei Magi venuti dall’oriente. Non vivono con lo sguardo sui loro piedi, né tanto meno con la testa rivolta al passato. Sanno tenere lo sguardo in alto e guardare davanti, dove è la stella, dove è il Signore. E lo riconoscono.
Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, Anna, sempre nel tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere, divenuti familiari di Dio, ne hanno capito lo stile. Hanno capito che il Messia per prendersi cura della stirpe di Abramo, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo, doveva rendersi in tutto simile ai fratelli.
E noi?
(Don Tonino Lasconi)



GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (3)

2. La liberazione dall’Egitto
I discendenti di Abramo a causa di una carestia si trasferiscono in Egitto. Dopo un periodo di libertà e di prosperità diventano schiavi degli egiziani. In questa situazione drammatica gli israeliti riscoprono il «Dio dei Padri» che si muove a compassione per la loro situazione e viene a liberarli. Mosè è la persona che Dio sceglie perché a nome suo porti il popolo nella terra promessa ai Padri. I libri dell’Esodo e dei Numeri narrano come Dio s’impegni in prima persona per liberare il popolo dalla schiavitù egiziana e condurlo fino alla terra promessa ai nostri Padri. Gli studiosi datano il tempo dell’Esodo verso il 1250 a.C.
 
Puoi leggere:  Es 3,1-21; 32,1-14; Nm 14,1-19


L’Esodo nella fede biblica è l’evento fondamentale del popolo. Il rituale della pasqua ebraica recita:
«Ciascuno deve considerare, di generazione in generazione, di essere lui stesso uscito dall’Egitto, perché è scritto: in quel giorno di’ a tuo figlio: è per questo che il Signore è intervenuto per me quando io sono uscito dall’Egitto».

La liberazione dall’Egitto, i quarant’anni di cammino nel deserto per raggiungere la terra promessa, la tappa al monte Sinai o Oreb dove si conclude l’alleanza di Dio con il popolo, sono gli eventi basilari della storia del popolo. Nei periodi più faticosi il ricordo di quanto Dio operò nel passato e il dono dell’alleanza mantiene viva nel loro cuore la forza della speranza.

«FECE PARTIRE COME GREGGE IL SUO POPOLO
E LI GUIDÒ COME BRANCHI NEL DESERTO»  (Salmo 78 52-53)


Puoi leggere:  Es 15,1-21; Es 18,1-8 

3. Epoca dei Giudici
Quando il popolo entra nella terra promessa, questa terra è già abitata dal popolo cananeo che adora il dio della fertilità chiamato Baal e sua moglie Astarte. Gli israeliti entrano nella terra in vari momenti e con modalità diverse. La conquista dura più di un secolo. La terra è divisa in varie tribù. Ognuna di questa si governa per proprio conto. Unisce le tribù, la fede nello stesso Dio dei Padri che li ha liberati dall’Egitto. In occasione delle feste religiose si riuniscono nello stesso santuario mobile, che contiene l’arca con le tavole dell’alleanza, per prestare culto a Dio. In questa occasione rinnovano la loro alleanza con il Signore, posta sempre in pericolo a causa della presenza delle divinità del posto. L’ambiente sociale delle tribù israelitiche è però molto disordinato: «Allora non c’era un re in Israele e ognuno faceva quello che voleva» (Gdc 21-25).


Puoi leggere: Gs 23; Gdc 2,6-19; 21,24-25

4. Gli inizi della monarchia

Verso il primo millennio a.C. mentre l’Egitto entra in decadenza, in Oriente sorge l’impero assiro. In questo tempo, della durata di circa 500 anni, in Canaan c’è una certa pace e le popolazioni vicine si combattono tra di loro. In questo contesto internazionale tranquillo, il popolo ebraico sente il bisogno di organizzarsi come gli altri popoli: con un re, una corte e un Tempio. Eleggono un re e, per un discreto periodo di tempo, raggiungono grandezza e splendore. I confini vanno «Da Dan a Bersabea». Ma il regno dura soltanto per il tempo del re Davide e del figlio Salomone (1000-935 a.C.). Nella persona di Davide tutte le tribù si riconoscono un unico popolo, adorano lo stesso Dio dei padri che al Sud è chiamato Javhè e al Nord El. Salomone costruisce il Tempio e il palazzo del re.
Alla sua morte il regno si divide in Nord e Sud.


Puoi leggere: 1Sam 16,1-13; 1Re 3,1-15; 1Re 11,1-13; 1Re 12,1-13

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