2014 / Domenica 27 Aprile 2014

Domenica 27 aprile 2014

II Domenica di Pasqua - 27 aprile 2014

È l'antica domenica «in Albis» (in riferimento alle tuniche bianche dei neo-battezzati, che venivano deposte in questo giorno).
Giovanni Paolo II, come sappiamo, ha istituito in questa domenica la festa a lui cara della Divina Misericordia. E, suggestivamente, Dio ha messo la sua «firma» chiamandolo all'eternità proprio all'inizio di questa festa.
È la domenica in cui Gesù consegna alla Chiesa il potere divino di perdonare i peccati. È la domenica di Tommaso, il discepolo che rappresenta chi progredisce faticosamente verso la fede autentica.
Gli Apostoli sono ancora pieni di paura, le porte sono ancora chiuse.
Gesù, donando lo Spirito, affida alla Chiesa il potere divino di perdonare i peccati. «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati». La Chiesa diventa «sacramento», mediazione dell'Amore infinito. Questo episodio è il culmine del Vangelo di Giovanni, che vuole portare il suo lettore a cadere in ginocchio dicendo: «Mio Signore e mio Dio!». È questa la professione di fede cristologia più alta di tutto il Vangelo. Tommaso rappresenta tutti coloro che faticano, fra dubbi e incertezze, nel cammino oscuro della fede.
Non fu facile credere al Risorto. E non bastano neanche le apparizioni. Pensiamo, per esempio, al fatto del non riconoscere il Risorto, prendendolo per il custode del giardino, per un fantasma o per un viandante qualsiasi. Il Risorto non è riconoscibile con occhi umani, occorre che qualcosa cambi dentro, per un intervento misterioso di Dio.
Quello che viene rifiutato nell'episodio di Tommaso è un «vedere» considerato come prova sensibile. «Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto».
E allora ecco la grande conclusione: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». E Giovanni ha forse in mente colei che è la madre di coloro che credono senza vedere: Maria di Nazareth. Egli, che con la madre di Gesù ha avuto un'esperienza tutta particolare, non può più pensare alla vita di fede senza fare riferimento alla Madre dei credenti.
A questo punto è necessario fare una «meditatio» di conclusione, a cui vuol portarci Giovanni al termine del suo vangelo. Perché è così difficile credere? Il tema della  fede è al centro del 4° Vangelo e anche delle lettere di Giovanni, in cui emerge un dato importante: che la mancanza di amore, di comunione fraterna, in definitiva deriva dalla mancanza di fede. Ma la mancanza di fede da che cosa deriva? È qui il punto cruciale. Al binomio fede-amore cosa manca? La risposta «sintesi» la troviamo in Gv 5,44.
La parola che manca è «umiltà».
(Da "Le luci del sabato" Domenico Machetta ©Elledici)



GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (13)

LA FEDE CRISTIANA
Ha la sua origine e il suo nucleo centrale nel mistero pasquale: «Cristo morì per i nostri peccati... e risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture» (1Cor 15,3-4). La risurrezione non lascia comprendere tutto il mistero di Gesù subito. Ma in seguito ha l’effetto di una luce abbagliante! Sotto la guida dallo Spirito, la comunità cristiana comincia a ripensare la vicenda di Gesù: la ricorda con commozione, ne rivive le meraviglie, medita e cerca di comprendere. Si rende conto che: «I profeti, la legge e tutti gli scritti parlavano di lui» (cfr. Le 24, 24).
Questo sviluppo della fede nella persona di Gesù e di comprensione del suo mistero può essere paragonato a una sinfonia che prende inizio da una nota e piano piano diventa un coro potente, nel qua-le ogni nota contribuisce a creare l’intera sinfonia. Alla luce della Pasqua, tutta la storia di Gesù viene riletta e interpretata con idee e immagini dell’Antico Testamento. Alla luce delle Scritture antiche e dello stesso insegnamento di Gesù si comincia a professare la fede con titoli che esprimono chi è e chi è stato Gesù per i credenti. La fede cristiana prima di essere fede professata è stata fede vissuta!
Si sviluppano queste professioni di fede: Gesù è il Cristo, il Signore, il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, l’Emmanuele.
Luca trasmette questo ritratto della comunità cristiana primitiva:

«Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati».
(At 2,42-47)


DALLA VITA AGLI SCRITTI

COME SI È FORMATO IL NUOVO TESTAMENTO

Gesù si presenta come la nuova e definitiva rivelazione di Dio. Però non è nemico dell’autentica tradizione d’Israele. In Gesù c’è il completamento e la novità. Possiamo distinguere tre stadi nella formazione del Nuovo Testamento:

1. La «tradizione» di Gesù
Questa tappa riguarda la predicazione di Gesù e il suo messaggio in parole e opere.

2. La tradizione degli apostoli «su Gesù»
È la predicazione degli apostoli su Gesù, i quali nel periodo postpasquale, testimoniano i fatti che riguardano Gesù e attualizzano in nuovi contesti l’insegnamento del Maestro. La fede cristiana prima è vissuta dopo consegnata allo scritto.

3. La tradizione della Chiesa apostolica
Il Vangelo di Gesù è vissuto nella Chiesa. Intorno alla sua vita e alla sua missione nasce la paradosis (Tradizione) di Gesù Cristo, che conserva, spiega e attua nelle nuove situazioni tutto ciò che Ge-sù ha rivelato.
Mano a mano nelle varie comunità cristiane si cominciano a formare piccole raccolte dell’insegnamento degli apostoli. In seguito queste raccolte, organizzate e completate, formeranno i Vangeli. Ma già Paolo aveva scritto le sue lettere alle comunità da lui fondate, durante i suoi viaggi missionari, per confermarli nella fede.



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