2013 / Domenica 3 Novembre 2013

domenica 3 novembre 2013

Carissimi,

    il Papa, nella lettera apostolica con la quale ha indetto l’anno della fede, scrive: «la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa».
Su questo foglio settimanale cercherò di offrirvi degli stimoli per riflettere. E il motivo è molto semplice: la domenica, durante la celebrazione della Messa, noi cristiani cattolici diciamo ad alta voce la nostra fiducia in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, con le parole della professione di fede.
Fin dal tempo degli Apostoli, i discepoli del Signore hanno espresso la loro fede in formule chiare e precise.
Spesso le frasi solenni e antiche del Credo scorrono automaticamente sulle nostre labbra: non dicono nulla al nostro cuore e alla nostra intelligenza. Eppure - a modo loro - sono «vangelo»: annuncio di liberazione, di pace e di speranza.
Sono «parole di comunità» con le quali cristiani di secoli e nazioni diverse si riconoscono parte dell’unica e immortale famiglia di Dio.
Professare la fede è il gesto primo con il quale il battezzato vive e testimonia la propria adesione a Dio e alla sua rivelazione. Quando infatti nel Nuovo Testamento si parla di “professione di fede”, non si fa riferimento solo ad una espressione verbale o ad un contenuto a cui si dà il proprio assenso. Confessare la fede è prima di tutto una scelta di vita, un sentimento dichiarato, una forma di esistenza.
Al suo inizio, vi è il momento esperienziale con il quale il credente riconosce Dio, suo Signore e Salvatore. Così è stato per i discepoli, che dopo aver seguito Gesù per le strade della Galilea e della Giudea, lo hanno riconosciuto quale Signore (“Mio Signore e mio Dio”, Gv 20,28), Cristo (“Tu sei il Cristo”, Mt 16,16), Figlio di Dio (“Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”, Mc 15,39). Così è stato anche per coloro che lo incontrarono attraverso l’annuncio della Parola e la testimonianza degli Apostoli: come Paolo di Tarso (At 9,1-19), l’etiope di Candace (At 8,26-40), la folla che domanda il battesimo, dopo aver ascoltato il discorso di Pietro (At 2,14-36). In tutti coloro che hanno vissuto l’esperienza della fede, vi è la stupita consapevolezza che essa è un dono che viene dall’alto, un gesto di grazia, una richiesta d’amore che attende una risposta. La fede diventa così assenso convinto e personale all’appello di Dio, alla sua Parola, alla sua rivelazione. Attraverso questo sì il pensiero stesso di Dio viene ad abitare nel cuore, prende corpo in un atto di fiducia, di adesione, di obbedienza: Credo, Signore!.
Professare la fede è una scelta che richiede un discernimento interiore, un’analisi sulle esperienze ricevute e vissute per giungere ad accettare nella piena libertà e fiducia la Parola del Signore nella testimonianza storica delle sacra scrittura e della Chiesa. È riconoscere nei sacramenti i segni efficaci dell’agire di Dio: in particolare la presenza reale di Gesù nella Santissima Eucaristia. Trovare in lui un intimo rapporto che ci permetta di godere dell’infinita misericordia del Padre che dona pace, serenità e pienezza allo spirito che a Lui si abbandona.



Cos’è la fede?
Non è puerile pensare che l’uomo moderno necessiti di fede?
Il mondo non starebbe decisamente meglio senza le fedi, affidandosi al buon senso della logica umana?
Come può un uomo credere alle parole di un altro uomo, vissuto duemila anni fa, anche se diceva di essere Dio?
Ha ancora senso, oggi, parlare di fede, quando una gran parte di ciò che nel passato rappresentava un’incognita è stata spiegata esaustivamente dalla scienza?
E la fede cristiana, così com’è, non dovrebbe essere sfrondata da credenze che sembrano superstizioni?
Gli uomini religiosi, anche i cristiani, non hanno forse commesso, nella storia, dei crimini orrendi appellandosi alla fede?
Sono ancora molti coloro che pensano che la fede sia un qualcosa di fortuito e, tutto sommato, di irrilevante, press’a poco come avere i capelli rossi o gli occhi grigi. Come c’è sempre qualcuno che è dell’avviso che il credere sia una fortuna, come far soldi al gratta e vinci. Comunque sempre marginale nella nostra esistenza.
Nel linguaggio comune il verbo “credere” viene usato con diversi significati
Per esprimere un parere, una opinione nient’affatto certa, una valutazione soggettiva noi diciamo: ”credo che tu abbia ragione” ...oppure ”credo che domani farà bel tempo”.
Ma non è questo il senso che un cristiano intende esprimere quando dice credo. Se così fosse, la fede sarebbe un’opinione più o meno gratuita. Quando il cristiano dice credo che… pur non conoscendo il fatto per scienza propria e diretta, tuttavia lo afferma con certezza perché si fida di Dio che garantisce di aver mandato il suo Figlio sulla terra in soccorso dell’uomo.
Se non si vuole che la nostra avventura umana finisca in un fallimento, dobbiamo accettare il fatto che Gesù sia venuto a salvarci dall’insignificanza nostra e dell’universo: ha uno scopo la nostra venuta nel mondo?. 
Che sia venuto a salvarci dai nostri peccati, cioè da una indegnità morale che più o meno ci contamina tutti.
Che sia venuto a salvarci dalla prospettiva che la morte coincida con il nostro annientamento totale.

La fede ci salva da tutti questi guai.
Ma quanto è facile in Chiesa dire: ”Io credo in Dio, Padre Onnipotente….io credo in Gesù Cristo….” tanto è difficile dirlo, confessarlo in piazza, al bar, sul posto di lavoro.
Le cause? Sono tante e personali…..Alcuni dicono, in tono di sfida: io credo solo in ciò che vedo! Ma allora l’elettricità, il vento? E poi non c’è bisogno di credere in ciò che si vede, basta constatarne l’esistenza: ciò che si vede è evidente! Le scoperte scientifiche hanno fornito molti elementi negli ultimi due secoli, ma se da una parte la scienza ha fornito numerose spiegazioni sul funzionamento dell’universo e sulle leggi che regolano la vita, dall’altra ha aperto nuove frontiere di cui non sa dire molto. Certo: tutti oggi sappiamo che la caduta di un fulmine non ha a che vedere con il malumore delle divinità, ma ancora non sappiamo spiegare perché il cuore dell’uomo sia sempre insoddisfatto e alla ricerca di un senso più profondo! La scienza non riesce, per sua stessa natura, a spiegare la complessità della realtà; ha bisogno di appoggiarsi ad altri campi della conoscenza, come l’arte, la filosofia e la religione.

©2012-2024 . All rights reserved.
Do not duplicate or redistribute in any form without prior consent.
Powered by PicoPortal by FVsoftware
control panel administration | cookie policy